
Nulla è gratis, nemmeno online: il marketing invisibile dei servizi “free”
Ma se nella nostra epoca il termine “gratis” è ovunque, raramente è sincero: possiamo dire che si tratta della facciata di un modello di marketing dei servizi che si muove sottotraccia. È un po’ come gli assaggi gratuiti offerti nei supermercati: non ti donano qualcosa per altruismo ma per invogliarti a restare, consumare, fidelizzarti.
Questa strategia di vendita ha radici antiche, ma oggi è migrata nel digitale con vesti tutte nuove: ci tengono ancorati ad un servizio gratuito mentre intanto raccolgono i nostri dati. Sul web, il vero prodotto non è più un biscottino su un vassoio: è l’utente stesso. La parola “gratis”, allora, va riletta con occhi diversi: è una promessa incompleta perché, anche se non si tratta di denaro, paghiamo in tempo, in attenzione, in privacy. E molto spesso, anche in libertà decisionale: se ci propongono sempre quello che “potrebbe piacerci”, quanto sono realmente nostre le scelte che facciamo online?
Marketing dei servizi gratis: quando i dati diventano merce
Pensiamo ai servizi di posta elettronica come Gmail, Outlook, Libero: nessuno ci ha mai chiesto un centesimo per utilizzarli eppure ogni parola digitata, ogni nome presente in rubrica ha un suo valore. Le comunicazioni diventano dati, i dati diventano profili e i profili diventano target per campagne pubblicitarie mirate. Un altro esempio è rappresentato dai giochi mobili, che offrono ben più di qualche ora di intrattenimento: sono costruiti per catturarci e tenerci dentro un ecosistema in cui acquisti in-app, pubblicità personalizzata e raccolta dati generano guadagni milionari.
In questa nuova economia dell’attenzione la vera moneta di scambio sono età, genere, posizione geografica, interessi, abitudini d’acquisto, cronologia di navigazione, gusti musicali e chi più ne ha più ne metta. Ogni scroll e ogni like viene tracciato, analizzato, monetizzato. Usufruiamo del servizio di turno, sì, ma in cambio cediamo la nostra identità digitale, costruita giorno dopo giorno con ogni interazione: questo contribuisce a disegnare un profilo dettagliato di chi siamo e cosa ci piace.
Marketing dei servizi gratis: dove finiscono le informazioni?
È chiaro che questo “identikit digitale” non rimane chiuso in un cassetto nei meandri della rete. Viene analizzato, confezionato e venduto a soggetti terzi: agenzie pubblicitarie, brand, sviluppatori, a volte anche soggetti di dubbia trasparenza. Noi, dal canto nostro, spesso non ce ne accorgiamo neanche: accettiamo termini e condizioni di servizio lunghissimi senza leggerli, concediamo permessi senza pensarci. Schiacciare su “Accetta tutto” è diventato un gesto quasi automatico, mentre dietro quel tap si spalancano le porte della nostra privacy.
L’aspetto più inquietante della faccenda è proprio la mancanza di controllo su dove finiscono questi dati. Possiamo anche eliminare un post ma non possiamo cancellare il fatto che sia stato visto, analizzato, associato ad un nostro comportamento. Possiamo chiudere un account ma non possiamo affermare con certezza che quel profilo digitale non continui a esistere da qualche parte, persino frammentato in mille altre piattaforme che si sono passate le informazioni tra loro.
Tecnologia consapevole: scegliere e non subire
Gli esempi virtuosi di servizi veramente gratuiti, nati con spirito collaborativo o open source, sono ormai eccezioni, non la regola. Il più delle volte, “gratis” è un modo per entrare nella nostra vita senza bussare e, una volta dentro, per restare, analizzare, influenzare. In un simile scenario la libertà di scelta gioca un ruolo chiave: decidere a chi raccontare la propria vita e a quali condizioni. Finché si tratta di promozioni commerciali può sembrarci tutto innocuo, ma cosa succede quando i dati vengono usati per manipolare opinioni politiche, per creare disinformazione su misura o per escludere silenziosamente certe persone da servizi e opportunità?
I social network ci connettono, è vero, ma lo fanno con un fine ultimo: più tempo trascorriamo su di essi, più dati regaliamo e di conseguenza più valore economico produciamo. Tutto sta nella consapevolezza: nel comprendere che quel “gratis” ha un costo altissimo, intangibile ma reale. E allora è importante abitare la rete con lucidità: non dobbiamo necessariamente rinunciare ai social o ai servizi gratuiti ma scegliere consapevolmente come, quando e a quali condizioni farvi ricorso. Conoscere il meccanismo è soltanto il primo passo: il secondo è imparare a non farsi più usare.