Gamification: significato e strategie di marketing da utilizzare
Uno studio della University of Colorado Denver Business School, realizzato nel 2010 (il primo caso documentato di gamification – quello dei francobolli Sperry&Hutchinson – risale addirittura al 1896), ha rilevato che chi sviluppa un apprendimento tramite gamification è in grado di svolgere meglio il proprio lavoro, grazie a un atteggiamento più proattivo. La parola deriva dalla celebre radice “game”, ossia “gioco”, e si è spesso confusa all’inizio con il termine “gaming”, con cui condivide molte dinamiche, ma più circoscritto alla categoria degli e-sports.
Il termine gamification definisce quindi l’applicazione delle logiche ludiche per motivare e incoraggiare le persone a risolvere problemi reali. Per usare un paragone calzante, è un po’ come usare un joystick: all’uomo piace avere il controllo delle proprie decisioni. Rispetto al “gioco”, inoltre, l’obiettivo ultimo non consiste nell’acquisire un’abilità o una qualità (o nell’essere primi in classifica), bensì nello stimolare l’approccio competitivo, proprio della dimensione ludica. Non è importante il risultato in sé ma il progresso che si è compiuto per raggiungere quel traguardo.
I principali vantaggi della gamification
Ma per quale motivo la gamification ha preso così piede in ambito aziendale ed educativo? La risposta può sembrare banale e scontata ma non potrebbe essere più vera: tutti amano il gioco. In particolare spiccano i benefici psicofisici sull’organismo, che conducono l’essere umano a sentirsi bene con sé stesso e a ridurre notevolmente i livelli di stress. E, si sa, il benessere psicofisico è una condizione fondamentale per garantire un’efficiente produttività in qualsiasi campo.
Dal punto di vista business, la gamification è una leva di marketing potentissima per aumentare l’engagement verso i clienti: in alcuni casi è sufficiente per innescare un comportamento d’acquisto nei potenziali consumatori, senza dover necessariamente ricorrere a incentivi esterni quali premi o vantaggi. Questo perché agli utenti non sembrerà di trovarsi faccia a faccia con una tecnica di marketing, anzi: esausti da un panorama di continue pubblicità che bombardano le bacheche dei loro social, la sola vista di qualcosa di diverso e di spiazzante è già sufficiente ad attirare la loro curiosità e spingerli all’azione. Ciò significa anche porre le basi della customer loyalty: il cliente percepisce la volontà dell’azienda di prendersi cura e di coccolare la propria fanbase.
A dimostrazione della sua efficacia contribuisce il giro d’affari faraonico che ruota intorno: si prevede infatti che nel 2027 toccherà i 37 miliardi di dollari (l’ultimo report disponibile, del 2021, si “ferma” a 10,5 miliardi).
Ci sono esempi in cui si ricorre involontariamente all’utilizzo della gamification. Una situazione frequente (nonché case history nella letteratura) è la creazione di un profilo su LinkedIn. Essendo una piattaforma il cui scopo principale è quello di essere selezionati rispetto a un’offerta di lavoro, gli utenti sono incoraggiati a essere quanto più chiari e comprensivi affinché il loro profilo emerga rispetto ai competitor.
La gamification in ambito learning e business
L’ambito dell’istruzione e quello aziendale rappresentano una delle principali declinazioni della gamification. Dal punto di vista interno, l’obiettivo principale è lo sviluppo e il miglioramento della collaborazione e dell’interazione sociale: aspetto che la gamification obbliga a mettere in campo per risolvere il problema di fronte a cui si viene posti. Così facendo, si contribuisce a creare una cultura lavorativa più stimolante e più remunerativa in termini produttivi e di risultato. Lo dimostrano numerose ricerche e studi condotti sia nel contesto scolastico che aziendale.
Sviscerando brevemente la letteratura della gamification, esistono due grandi famiglie: quella definita “strutturale” e quella del contenuto. Vediamo di cosa si tratta:
- Gamification strutturale: sfrutta l’elemento motivazionale, dato dalla ricompensa finale, per indurre i partecipanti a raggiungere determinati obiettivi. Questo sistema è particolarmente adoperato nel ramo educativo, mettendo in campo tutti gli elementi più distintivi della dimensione competitiva (premi, badge, schema per livelli e classifica finale al termine dell’esperienza);
- Gamification del contenuto: se nella gamification strutturale la sostanza non viene alterata, ma si vivacizza il contesto gamificandolo, in questo caso si agisce direttamente sul contenuto adattandolo alle variabili del gioco. Nel concreto, ciò significa sottoporre costantemente a nuove sfide il partecipante, aumentando il suo livello di engagement. L’obiettivo primario non è il raggiungimento del risultato ma la comprensione dell’argomento su cui si è lavorato, in sintesi il processo di formazione e di apprendimento.
In ogni caso, all’atto pratico l’azienda/istituto scolastico è consapevole che il risultato finale del processo di gamification sarà positivo indipendentemente dalla strada che si è deciso di intraprendere, strutturale o di contenuti. Rimanendo nel perimetro business, un altro pregio della gamification è la trasversalità: l’ampio raggio settoriale di applicazione rende l’esperienza ludica, come dicevamo, una potentissima leva di marketing in ambito B2C. Lo scopo principale è molto spesso diretto a sensibilizzare i consumatori a comportamenti virtuosi.
Case History, la gamification negli eventi
All’interno della macro area della gamification aziendale si sta sviluppando con una certa celerità l’applicazione delle logiche ludiche agli eventi. Infatti, che sia B2B o B2C, l’evento è per sua stessa definizione un aggregatore sociale, dove subentrano le dinamiche che abbiamo descritto nei precedenti paragrafi.
Esiste quindi la ricetta perfetta per introdurre la gamification negli eventi? La risposta è affermativa, poiché il potenziale a disposizione è davvero notevole, se non addirittura vitale per l’efficacia dell’evento stesso (pensiamo, ad esempio, alle kermesse spalmate su più giorni). Basandoci sull’assioma ormai consolidato di evento come experience, la dimensione ludica ha il compito di portare l’engagement dei partecipanti alle stelle. Per fare ciò è fondamentale incentrare l’esperienza di gioco intorno a un tema, molto spesso direttamente collegata all’evento stesso. Maggiore è il grado di “sovrapposizione”, maggiore sarà l’interattività generata.
Può sembrare scontato, ma la ricetta non avrà successo senza l’ingrediente dell’equità competitiva. Capita infatti che a volte ci si scontri con partecipanti davvero molto competitivi, magari disposti anche a barare pur di ottenere un punteggio sempre più alto. Ecco che dunque è importante garantire a tutti la possibilità di esprimersi al meglio, pena la definitiva scomparsa dell’ingrediente simbolo: il divertimento.
Infine, ultimo ma non meno chiave nel suo ruolo, l’intero processo deve essere vantaggioso per gli utenti (ricordo memorabile fa rima con inclinazione all’acquisto e alla futura customer loyalty). I premi devono essere continui, semplici da raggiungere (almeno all’inizio), affinché l’esperienza sia quanto più inclusiva possibile. Non dimentichiamoci che ciascun asset della gamification è spesso orientato ad acquisire lead (nel caso di un evento B2C, mentre nel B2B l’obiettivo conclusivo è quello di incoraggiare il networking).