
AI e cultura: l’intelligenza artificiale in libri, arte, musica
Al di là della mera evoluzione tecnologica, il cambiamento risiede nel modo in cui pensiamo, creiamo e attribuiamo valore all’atto creativo stesso. Con l’AI a nostra disposizione, la creazione è pressoché istantanea: per generare una poesia, un’immagine, una melodia è sufficiente una descrizione sommaria.
I confini della creatività escono stravolti da un simile scenario: l’uomo può guidare una mente artificiale, collaborare con essa, lasciarsi sorprendere. Ma allora, adesso che non è più solo, cos’è oggi l’artista? C’è chi teme che la cultura venga appiattita e chi, invece, vede un’opportunità: quella di democratizzare la creazione, offrendo a chiunque i mezzi per esprimersi. L’AI, insomma, non sta sostituendo la cultura: l’ha messa in discussione, l’ha spinta oltre i suoi limiti, costringendoci a riflettere su cosa sia davvero una creazione umana.
Intelligenza artificiale e cultura: l’AI nella scrittura di libri e romanzi
Per quanto riguarda l’universo letterario, l’intelligenza artificiale è già in grado di scrivere racconti, novelle brevi, saggi. Uno dei casi più eclatanti è quello del romanzo sperimentale “1 the Road”, pubblicato nel 2018 e a cura di un modello chiamato AI Writer. Il progetto, concepito da un team di artisti e programmatori, ha seguito passo dopo passo un viaggio in auto da New York a New Orleans. L’insieme dei dati raccolti lungo il viaggio veniva rielaborato in tempo reale dal sistema di intelligenza artificiale: il risultato non è un romanzo nel senso tradizionale del termine, ma un flusso di coscienza di parole, frasi, immagini poetiche. Un prodotto unico nel suo genere, considerato una sorta di “provocazione artistica”.
Più recentemente, con il progresso di ChatGPT e altri modelli di linguaggio, alcuni romanzi autopubblicati dichiarano apertamente la collaborazione con l’AI. Ciononostante, altri autori la nascondono, lasciando il lettore all’oscuro di tutto. Se per certi scrittori l’AI è una coautrice silenziosa, una “musa digitale” instancabile, altri la vedono come una minaccia. Una delle più grandi associazioni di scrittori statunitensi è corsa ai ripari introducendo la certificazione “Human Authored”, da apporre su libri interamente scritti da esseri umano e non generati da un modello. Una sorta di presa di posizione, una risposta culturale alla necessità di distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è più.
AI e arte visiva: da Refik Anadol alle “imitazioni” dello Studio Ghibli
Nel mondo dell’arte visiva il cambiamento appare ancor più evidente. L’AI può reinterpretare gli stili dei grandi maestri, ma anche creare opere mai viste. Gallerie e collezionisti cominciano a prendere sul serio questi lavori, ma gli artisti? Alcuni di loro usano l’intelligenza artificiale come strumento espressivo, altri come provocazione. Nel 2018, ad esempio, un quadro realizzato da un algoritmo e sviluppato da un collettivo parigino intitolato “Portrait of Edmond de Belamy” è stato venduto per oltre 400mila dollari. Per non parlare di artisti digitali come Refik Anadol, che utilizzano reti neurali per produrre enormi installazioni visive: flussi di dati che si trasformano in forme astratte e ipnotiche, esposte in musei di spicco come il MoMA di New York.
Uno degli artisti più noti a prendere una posizione riguardo il ricorso all’AI è Hayao Miyazaki, maestro dell’animazione giapponese. Uno dei più influenti animatori della storia del cinema ha definito “un insulto” l’abuso dei modelli per generare immagini nello stile dello Studio Ghibli. Per molti artisti tradizionali come lui, l’arte non è un esercizio tecnico o stilistico: quando l’AI viene usata per “imitare” il suo stile, dal punto di vista di Miyazaki il risultato non è che una vuota imitazione, un’appropriazione meccanica, una maschera più che un volto.
Musica e intelligenza artificiale: composizioni e processi creativi
Per l’AI, uno dei campi d’azione più affascinanti è rappresentato dalla musica. Gli algoritmi possono comporre brani in ogni stile, emulare band famose, inventare nuove armonie, generare colonne sonore in tempo reale. Già nel 2016, Sony Computer Science ha presentato “Daddy’s Car”, primo pezzo pop interamente composto dall’intelligenza artificiale ispirandosi allo stile dei Beatles. Nel 2020 OpenAI ha rilasciato Jukebox, un modello capace di generare brani completi con tanto di voce, strumenti e testi, imitando lo stile di artisti come Elvis Presley, Ella Fitzgerald o Eminem.
Ad oggi, piattaforme che permettono di comporre colonne sonore per film, videogiochi o pubblicità semplicemente selezionando il genere, l’umore, la durata stanno nascendo come funghi: in pochi minuti l’AI restituisce una composizione originale. Nel nuovo scenario culturale sotto la lente d’ingrandimento, insomma, l’intelligenza artificiale appare una presenza ormai inevitabile. Non si tratta più di sostituire l’artista, ma di capire come collaborare: il futuro dell’arte non è nella competizione, ma nella coesistenza consapevole tra uomo e macchina.